NOBILTA’ D’ANIMO, RISPETTO PER L’UOMO E IL NEMICO, AMOR DI PATRIA: GUIDA SPIRITUALE DI UN ITALIANO IN ARMI ! Il film di De Angelis sulla grandezza di valori senza tempo. (2° Parte)

SECONDA PARTE

(Segue l’articolo di apertura di Campo Sud del giorno 27 Luglio 2023)

 

 

Dopo qualche giorno di riposo nella cittadina di Bordeaux, per gli uomini del sommergibile “Cappellini” e il Comandante Todaro, giunge l’ora di riprendere il mare e di impegnarsi nella caccia ai convogli “alleati” che trasportavano materiale bellico dal nord america (e da mezzo mondo) in direzione dell’inghilterra assediata dalle truppe dell’Asse. Erano i giorni immediatamente precedenti al Natale del 1940 e il “Cappellini” raggiunge la sua zona operativa a largo delle Isole Canarie, in pieno Oceano Atlantico, rotta preferita dai convogli nemici. Il 5 Gennaio 1941, infatti, Todaro individua, proprio in quel tratto di mare, un piroscafo inglese imbottito di  materiale bellico per le truppe inglesi. E’ la nave Shakespeare di 5.000 tonnellate, che “Il Comandante” affronta ancora una volta navigando in superficie con l’uso del cannone in dotazione al suo sommergibile. Un cannoneggiamento intenso e preciso e la nave britannica cola a picco rapidamente, non senza aver strenuamente tentato di difendersi con i suoi cannoni installati sul ponte, come di consuetudine veniva fatto in guerra con le navi mercantili, per salvaguardare un carico prezioso. Anche questa volta Todaro assiste dalla torretta del “Cappellini” all’affondamento del piroscafo nemico e alle manovre di salvataggio dell’equipaggio. Rimasero in mare due scialuppe sgangherate con una ventina di naufraghi. E ancora una volta Todaro, senza esitazioni, ordinò al suo equipaggio di recuperare quei naufraghi nemici, facendoli salire a bordo del sommergibile. Dopo qualche giorno di navigazione il “Cappellini” giunse in vista dell’Isola di Capoverde ove il Comandante diede disposizione al suo equipaggio di far sbarcare sulla spiaggia dell’isola rimasta neutrale, i 23 marinai sopravvissuti del piroscafo britannico “Shakespeare”, utilizzando i canotti di salvataggio del sommergibile. Un altro salvataggio insperato di marinai nemici dispersi in mare dopo un affondamento. Un’altra missione di guerra andata a buon fine per la nostra marina, ma con la consapevolezza di aver fatto tutto quello che umanamente era possibile per salvare vite umane in pericolo. Malgrado la guerra e le sue regole cruente. Un modo di combattere cavalleresco, quello di Todaro e dei suoi uomini, che alimentarono il mito dell’uomo e del soldato italiano impersonato da un giovane ufficiale di marina di poche parole, ma caparbio e risoluto.

Ripreso il mare, il “Cappellini” incrociò un’altra nave britannica. Si trattava dell’Emmaus, un enorme bastimento per il trasporto truppe di oltre 7000 tonnellate trasformato in incrociatore ausiliario, armato fino ai denti con cannoni a lunga gittata. “L’Emmaus” trasportava almeno 3000 militari inglesi destinati al fronte libico, ignari di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.  Todaro ordinò prontamente il lancio di due siluri che centrarono la nave. Poi emerse e affondò definitivamente la nave inglese con il cannone in dotazione. Tuttavia la battaglia che si accese in superficie fu piuttosto cruenta anche per il sopraggiungere di un aereo nemico richiamato con SOS dalla nave agonizzante. Il caccia inglese  intervenuto, raggiunse con due bombe lo scafo del sommergibile italiano che riuscì comunque a svincolarsi dal contatto e ad immergersi velocemente.

In questa occasione Il Comandante non ebbe assolutamente la possibilità di mettere in salvo neppure un uomo sopravvissuto a quel affondamento. Ne i marinai dell’Emmaus, ne i tantissimi soldati trasportati a bordo. E questa circostanza creò un grande malessere interiore e un dolore profondo nel nostro eroe, mitigato solo in parte dalla consapevolezza che un numero così rilevante di naufraghi non potevano certo essere salvati ne gestiti dal solo sommergibile italiano. Ma, soprattutto, che la dinamica dello scontro navale aveva determinato una repentina immersione del “Cappellini” per sottrarsi al fuoco nemico, con la necessità di lasciare immediatamente il teatro delle operazioni.

Todaro riuscì magistralmente a salvare i suoi uomini, oltre naturalmente, al sottomarino, nonostante  le notevoli avarie e i danni prodotti dalle bombe nel corso del combattimento. Raggiunse il porto neutrale di Puerto de La Luz nelle Canarie, ove gli fu consentito di riparare lo scafo e rientrare nella base navale di Bordeaux. La soddisfazione di Todaro e del suo equipaggio per la brillante missione compiuta fu comunque smorzata dalla morte del secondo Ufficiale del “Cappellini”, Cap. Danilo Stiepovich, considerato più che un fratello dal Todaro. Stiepovich nel corso del combattimento con la nave “Emmaus” era balzato in torretta per sostituire un mitragliere del “Cappellini” ferito nello scontro a fuoco. A sua volta fatto oggetto di scariche di artiglieria dalla nave inglese, Stiepovich cadde gravemente ferito sul fondo della torretta. Venne prontamente soccorso dal Comandante che provò a farlo scendere nella “pancia” del sommergibile per raggiungere l’infermeria. Ma il giovane secondo ufficiale si rifiutò di lasciare la torretta. Il Comandante a quel punto lo prese tra le braccia e gli sussurrò: “Cosa posso fare per te, Danilo?” E il suo secondo morente gli risponde “Non mi mandare in infermeria. Non servirebbe a nulla! Lasciami qui……voglio vedere affondare quella la”, allungando il braccio verso la nave inglese colpita irrimediabilmente, ma che continuava a sparare verso il “Cappellini”. Todaro lasciò il suo secondo ufficiale sulla torretta e riprese a dare ordini ai  marinai. Dopo qualche minuto la nave britannica affondò ed a Todaro non rimase che tornare da Stiepovich per assicurarsi delle sue condizioni. Era ancora vivo, aveva visto inabissarsi la nave nemica e con il sorriso sulle labbra si spense tra le braccia del suo fraterno Comandante. Al Capitano Danilo Stiepovich fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria.

Todaro fu insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare per l’affondamento della nave “Emmaus” oltre alle  più alte Onorificenze della Marina Tedesca.

La morte del Capitano Stiepovich e, prima ancora, la sorte capitata ai marinai e i soldati a bordo della nave Emmaus costituirono uno spartiacque nelle decisioni future del Comandante più conosciuto e ammirato della flotta di sommergibili italiani. Tornato a Bordeaux chiese di essere trasferito ad altro reparto operativo  della Marina Militare  che si occupava di missioni ai limiti dell’immaginabile in termini di pericolosità e ardimento. Era la Decima Mas, a quel tempo impegnata in rischiosissime missioni di sabotaggio delle navi nemiche ormeggiate in porti altamente sorvegliati del Mediterraneo sotto il controllo degli Inglesi.

La richiesta di Todaro fu naturalmente accolta, anche se suscitò non poco stupore nei Comandi e forte disappunto e incredulità tra i suoi marinai del “Cappellini”. Trasferito nel Novembre 1941 alla Decima Mas, partecipò al blocco navale della città portuale di Sebastopoli, sul Mar Nero, nel quadro delle operazioni della Marina sul fronte orientale. L’ardimento, lo spirito di sacrificio e le capacità di comando gli valsero la terza Medaglia d’Argento al Valor Militare conquistata sul campo di guerra.

Un anno dopo, nel Novembre del 42, Todaro viene destinato ad una base segreta della Decima MAS in Tunisia ove iniziò a studiare e pianificare le missioni dei “Maiali” e dei barchini esplosivi messi a punto negli arsenali della nostra marina, supportato dall’esperienza maturata in guerra e dalla sua profonda cultura marinaresca e militare. Si imbarca come Comandante sul  motopeschereccio armato “Cefalo” adibito a mansioni militari speciali e opera da supporto logistico e strategico per “uomini rana e incursori di marina” destinati a compiere, a nuoto, un attacco alle navi inglesi ormeggiate nel porto di Bona, in Algeria. La notte programmata per l’attacco degli incursori della Decima si  presenta con un mare agitatissimo che consiglia la sospensione della missione. Il “Cefalo” cambia la rotta e ritorna in Tunisia. Il suo comandante é in cabina e riposa.  All’improvviso spunta uno Spitfire britannico che prima sorvola, poi discende in picchiata indirizzando i suoi cannoncini sul peschereccio civetta italiano. L’attacco aereo inglese é prontamente respinto, ma il Comandante Todaro viene raggiunto nel sonno da una scheggia di granata che gli trapassa la tempia. Finisce così, tra la disperazione dei marinai a lui devoti oltre ogni immaginazione, la vita di Salvatore Todaro. Un uomo di mare, un eroe autentico dotato di umanità travolgente e contagiosa, un Patriota e combattente senza paura che rese onore e lustro al Corpo della Marina Militare e al suo Paese. Un Italiano che volle combattere sino alla fine strenuamente, cercando nuove occasioni e nuove esperienze militari ancor più rischiose, per offrire il contributo di uomo di mare e di azione alla sua Patria in armi. Ma combattendo sempre con generosità.  Stringendo la mano ai suoi nemici sconfitti e salvando loro la vita con spirito umanitario. Tanto per restare fedele, sempre, alla tradizione millenaria di civiltà del suo popolo.

Salvatore Todaro, pluri decorato con onorificenze militari Italiane e Tedesche, fu insignito della Medaglia d’Oro al Valor militare alla Memoria.