L’ASSASSINIO DEI FRATELLI MATTEI : 50 anni dopo il loro sacrificio, é sempre viva la nostra battaglia per la giustizia e la libertà!

 

CONTINUAZIONE DELL’ARTICOLO DEL NOSTRO DIRETTORE, PUBBLICATO IL GIORNO 17  APRILE, ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DI PRIMAVALLE.

E fu così che mentre si attendeva giustizia dai tribunali romani per i fratelli Mattei, registrammo un altro caduto per mano dei terroristi rossi, ormai ciechi di odio che, indisturbati, imperversavano senza controllo dal nord al sud d’Italia, lasciando ovunque scie di sangue innocente e intere famiglie distrutte.

Preludio funesto della stagione degli anni di piombo inaugurata dalle Brigate Rosse il 17 Giugno del 1974 quando a costoro fu “consentito” impunemente, di “esercitarsi” agli assalti terroristici piombando nella Federazione Padovana del Movimento Sociale Italiano di prima mattina per il loro “battesimo del fuoco”. Trucidando senza pietà i due soli militanti che a quell’ora lavoravano per il Partito nella sede di via Zabarella, in pieno centro storico della città Veneta. Graziano Giralucci, giovanissimo padre di una bimba piccola, molto conosciuto in città perché animatore della squadra di Rugby padovana, con Giuseppe Mazzola, pensionato dell’Arma dei Carabinieri, furono i bersagli inconsapevoli di questo primo agguato con tanto di sparatoria e relative vittime innocenti compiuto dalle Brigate Rosse in Italia. Un primato davvero macabro quello dei 5 terroristi autori del fatto di sangue, tra esecutori materiali, spalle e gregari della organizzazione terroristica ancora in fase “di addestramento” . I quali scelsero vigliaccamente la loro “carne da macello” tra gli iscritti del MSI al chiuso di un appartamento ove sapevano bene di trovare solo due persone a quell’ora. Così come risultò dalle indagini, ove emerse che i terroristi avevano compiuto giorni prima diversi “sopralluoghi” spacciandosi per persone che gradivano iscriversi al partito. Premeditazione, vigliaccheria, crudeltà criminale di una organizzazione terroristica che rivendicò il giorno seguente l’azione criminosa, rimasta impunita per lungo tempo. Solo diversi anni dopo, grazie al pentimento della brigatista Susanna Ronconi e alle sue confessioni rese ai giudici e al Generale dalla Chiesa, furono individuati i brigatisti rossi autori della strage: Roberto Ognibene, esecutore materiale del duplice omicidio; Fabrizio Pelli che immobilizzo le vittime; Giorgio Serneria con funzioni di autista per la fuga dal luogo del delitto; Martino Serafini con funzioni di sentinella e copertura per l’eventuale arrivo della polizia. Tra loro c’era anche Susanna Ronconi, la pentita, che aveva funzioni di recupero di materiale informativo e di eventuale bottino da prelevare nella Sezione del MSI presa di mira.

Ma torniamo al processo per il rogo di Primavalle.

Dopo l’omicidio di Mantakas anche il processo agli attentatori di Primavalle riprese. La Pubblica Accusa che aveva rinviato a giudizio i tre militanti di Potere Operaio Lollo, Grillo e Clavo, chiese la condanna all’ergastolo per strage per i tre imputati. Il processo in Corte d’Assise (Primo grado) si concluse inspiegabilmente con l’assoluzione per insufficienza di prove per le accuse di omicidio colposo e incendio doloso. Era il 15 Giugno del 1975.

Si va dunque al Processo di Appello nel 1981 e qui cominciano i “balletti ritardanti” della giustizia italiana. Dapprima la Corte d’Appello di Roma annullò la prima sentenza assolutoria per la incompatibilità di un membro della Giuria popolare. Nel 1984 una nuova sentenza emessa da un nuovo collegio giudicante di Corte d’Appello fu ugualmente annullata dalla Corte di Cassazione che rinviò ad un ulteriore ed ennesimo processo d’appello i tre imputati di Potere Operaio (di cui due, Grillo e Clavo, sempre latitanti).

Finalmente nel quarto processo intentato dalla Giustizia Italiana contro i terroristi di Potere Operaio, questi ultimi furono condannati a 18 anni di carcere per incendio doloso; duplice omicidio colposo ed uso di esplosivo e materiale incendiario. Sentenza confermata e andata in giudicato dalla Corte di Cassazione nel 1987. Cioè a dire 14 anni dopo il rogo di Primavalle. E tuttavia senza un solo giorno di detenzione per 2  assassini (Grillo e Clavo) e un modesto periodo di detenzione per Lollo, prima della sua fuga in Brasile e Nicaragua,

Infatti accadde che alla latitanza dei primi due terroristi (Grillo e Clavo) iniziata immediatamente dopo l’attentato in casa Mattei che aveva evitato l’arresto dei due in tutti questi anni, si aggiunse la fuga di Achille Lollo che approfittò della scarcerazione a seguito del precedente annullamento del processo per fuggire in Brasile. Tutti e tre i terroristi godettero dell’appoggio incondizionato, anche materiale, di Oreste Scalzone oltre che della Organizzazione del Soccorso Rosso Militante che era guidato da Franca Rame e Dario Fo. Ma lo schieramento politico a favore dei terroristi di Potere Operaio si avvalse anche di altri “specchiatissimi” intellettuali e politici degli anni 70 ed 80 tra cui Il Senatore Umberto Terracini del PCI, l’on. Riccardo Lombardi del PSI; lo scrittore Alberto Moravia e tanti altri “soloni dell’intellighenzia marxista”. Questi personaggi imbastirono una rete di rapporti politici con la società civile attraverso un “Comitato Innocentista” costituito ad hoc per propagandare l’innocenza dei tre terroristi che, solo successivamente, confesseranno la loro inequivocabile e assoluta responsabilità nei fatti di sangue del 17Aprile 1973. Ciò forse perché ormai blindati dalla prescrizione intervenuta con Dichiarazione della Corte d’Assise di Roma, su istanza degli avvocati dei tre terroristi nel 2005. Con la prescrizione dei reati ascritti a Lollo, Grillo e Clavo si chiude questa pagina indegna della storia recente del nostro Paese.

Una storia vergognosa scritta da chi considerava i giovani militanti missini degli anni 70 e 80 come figli di un Dio minore a cui andavano negati diritti e libertà individuali. Sui quali veniva esercitato ogni tipo di discriminazione sociale e politica, a partire dal mondo della scuola, sino al mondo del lavoro, sempre più duro, sempre più in salita. Una storia squallida ed agghiacciante che affondava le sue radici nello slogan marxista (purtroppo ancor oggi sulla bocca di troppi facinorosi e deficienti figli di papà) “Il Maresciallo Tito ce l’ha insegnato: Uccidere un fascista non é reato”.

E con queste premesse e con governi catto-comunisti compiacenti in quegli anni maledetti, a cadere sotto la scure dell’estremismo rosso furono decine e decine di giovani militanti di destra in tutt’Italia. Eroi autentici immolati sull’Altare della libertà contro ideologie di morte e sopraffazione.

A loro va il nostro pensiero commosso. Noi che siamo dei “sopravvissuti” di quella stagione terribile e che nel cuore portiamo sempre i loro nomi, i loro volti e l’esempio fulgido del loro sacrificio!