ISOLATA LA VARIANTE CAMPANA : SI CHIAMA DE LUC(R)A, MA PARE ESSERE POCO ATTIVA !

Ed eccoci di nuovo qua, cioè al punto di partenza. Ci risiamo: si chiude! Di nuovo! CAMPANIA ZONA ROSSA. Mobilità ridotta, pance vuote, bocche asciutte, fiato trattenuto, vita sospesa, uomo annullato.
Il bollettino incriminato parla chiaro: su 25327 tamponi effettuati sono 2842 i positivi di cui 215 sono gli asintomatici (non gli ospedalizzati), pari all’11,2 %. Su 5802000 abitanti, i morti sono 13 ovvero lo 0,22%. Questi sono i numeri della morte, snocciolati quotidianamente a mo’ di rosario. Gonfiati o no, sono quelli con i quali si tenta di ammazzare una regione già agonizzante, come del resto tutte le “omologhe” facenti parti di questa Nazione proiettata sempre più verso quelli che furono gli stati preunitari, perché a guardare l’indice RT campano si assiste addirittura ad una flessione (da mettere all’indice perché da zona gialla): da 1,4 a 0,9.
Mica si può dire che la gente è stata responsabile, responsabilmente è uscita e si è comportata in maniera consapevole determinando, così, una condotta certificata dai numeri? La colpa è della gente che è andata sul lungomare a respirare! E cosa importa se in Irpinia – dove si registrano più contagi che a Napoli – o nel Sannio – dove il reparto Covid pare essere nientemeno chiuso per mancanza di clienti, ops… pazienti – non c’è il mare: lì la gente ha avuto l’ardire di andare al ristorante per godere delle eccellenze gastronomiche locali e, di contro, le “vittime” hanno osato esercitare un diritto su cui si fonda questa demokratica repubblica che è quello di lavorare, ragion per cui questa “gentaglia” è colpevole e va punita!
Dunque, nell’intera regione più importante del Mezzogiorno d’Italia, contro il “vairus” sembrano non funzionare più nemmeno le strategie da sceriffo del governatore De Luca, scaricato prima e riciclato poi persino dal suo (?) partito e votato in maniera plebiscitaria da quelli che ieri ridevano alle sue macchiette da baraccone di terz’ordine e oggi osannano le chiusure a iosa, invocano il lockdown incondizionato e, mai ebbri, continuano a rendersi partecipi di sporchi e pericolosi giochi (e gioghi) di palazzo.
E, nel tentativo di indurre in riflessione, guai a dire che se siamo di nuovo a questo punto, ovvero alla situazione di partenza che è voce del verbo “non abbiamo risolto niente” – il che, dopo un anno e più, è più che grave – è perché le strategie da sceriffo, le minacce dell’Impanicato, il lanciafiamme, l’odio verso chi è solo colpevole di lavorare, di vivere o di portare a pisciare il cane non sono servite a nulla, se non a incartare promesse elettorali farcite da demagogia da (ri)elezione cui è ormai ridotta questa putrefacente e incartapecorita politica nostrana, sempre più cappio e tagliola per tutti.
Siamo seri: la zona rossa di oggi è diretta discendente dell’immobilismo e persino dell’incapacità di ieri, di ieri l’altro ed è solfa vecchia di dieci anni. Della decennale fame mai doma, dell’ingordigia… virale.
E vergognosamente (per noi), seppur senza vergogna da parte loro, non si dà ora né ancora conto dei moduli Covid arrivati in nottata, con tanto di parata in pompa magna, su camion dell’Esercito, in perfetto stile (e conseguente crisi di inferiorità) “bare di Bergamo”, per la regia di quel Generale oggi sostituto del supercommissario con poteri speciali Domenico Arcuri; non si dà conto della condizione in cui versano detti moduli Covid; del motivo per cui sono stati inaugurati più volte e non sono entrati in funzione mai; dei ventilatori d’importazione che non si sono mai potuti utilizzare per la mancata traduzione del libretto d’istruzioni; delle strategie per il contenimento che vanno dai diktat al lanciafiamme, dalle denigrazioni pure agli infanti sino alle privazioni per tutti; dei posti letto, o meglio, della dichiarazione dei posti letto in terapia intensiva aumentati, raddoppiati, decuplicati che manco l’Italia intera!
È solo uno sporco (e vano) tentativo di nascondere il lerciume sotto al tappeto, ma che continua a rimanere in casa.
Dunque, il pericolo si incontra nelle scuole le cui aperture sono appannaggio del Ministero, dei Presidi e dei Sindaci, ma non nel tragitto che per arrivare ad essa si compie: per cui meglio chiudere la scuola se non si è fatto nulla per potenziare o organizzare il trasporto pubblico locale dove si viaggia come carri bestiame. Archiviato come complottismo, manco a dirlo, ogni tentativo di interrogarsi sui motivi per cui, con scuole chiuse a vantaggio del surrogato deno-minato DAD, non si è lavorato già un anno fa sul “nuovo modo di viaggiare”: nome altisonante buono da sfruttare per la propaganda elettorale in cui il Governat(t)ore ha profuso ogni sforzo. Meglio chiudere i negozi oramai vuoti che espongono ormai inutilmente le raccomandazioni istituzionali di distanziarsi, igienizzarsi e di isolarsi. La beffa che si aggiunge al danno. Un santo(ne) protettore capace di miracoli come quello di moltiplicare le dosi di vaccino arrivate in Campania, terra franca grazie a Lui, in maniera non equa rispetto al resto di quell’Italia che ora conviene considerare una Nazione e vaccinare il 135% di quanto è possibile. Come? Ripartendo in sei la dose che era per cinque. E se lo dice lui che è commissario straordinario alla San(t)ità…
Ora che la gente (anche grazie a Dio e non a Lui!) non muore più, in qualche modo bisogna (de) “lucrare” e il principio cardine, come da manuale, sembra essere quello di indire la zona rossa che significa proventi, risorse, guadagno, soldi (altro che ristoro!), ma non certo per la plebaglia. E De Luca stavolta la standing ovation se la merita tutta: regione rossa prima della (sempre invisa) Lombardia che sta, purtroppo, messa peggio di noi, unica regione d’Italia in zona rossa. Almeno all’atto della proclamazione.
Insomma, si continua a scappare da un virus, ad evitarlo anziché curarlo. Forse, non conviene.
Rilevata, dunque, la variante campana: prendere tempo per perdere tempo, cambiare tutto affinché nulla cambi, ha da passà ‘a nuttata insomma.
Allora chiudiamo per salvare il Natale, chiudiamo per salvare il Carnevale, chiudiamo per salvare la Pasqua, chiudiamo per salvare l’estate, chiudiamo per salvare di nuovo il Natale, chiudiamo per salvare di nuovo il Carnevale, chiudiamo per salvare di nuovo la Pasqua, chiudiamo per salvare di nuovo l’estate, chiudiamo per salvare il prossimo anno, chiudiamo per salvare il prossimo decennio, chiudiamo fin quando non ci sarà più nulla da chiudere, più nulla da salvare.