WHIRPOOL DI PONTICELLI : OGGI PRESIDIO DEI LAVORATORI A PALAZZO S. LUCIA

Dopo l’ennesimo tentativo del Ministero dello Sviluppo Economico di ricomporre la vertenza con la multinazionale degli elettrodomestici e la conseguente ulteriore dichiarazione di indisponibilità avanzata dall’azienda, i lavoratori del polo industriale cittadino saranno quest’oggi a Palazzo S. Lucia per una ulteriore manifestazione di protesta contro l’attivazione delle procedure di licenziamento e la ormai sicura chiusura della fabbrica, previste per il primo Luglio.

I lavoratori sono sfiancati da un tira e molla che caratterizza questa vertenza e che dura da almeno tre anni. Una situazione davvero imbarazzante per questo governo e per gli altri due precedenti (Conte 1 e Conte 2) che non sono riusciti ad impedire la volontà della proprietà di chiudere esclusivamente lo stabilimento napoletano, ritenendolo superfluo e non più produttivo. Altri stabilimenti del gruppo Whirpool sono presenti ed operativi nel casertano e in altre località del centro nord d’Italia, ove pare, e per fortuna, non esistere le stesse difficoltà riscontrate e dichiarate dalla multinazionale per lo stabilimento di Ponticelli. Tutto questo malgrado gli incentivi e le agevolazioni fiscali concesse dai diversi governi che si sono succeduti nella lunga ed estenuante trattativa seguita alla crisi aperta dalla Whirpool, tanto per lo stabilimento napoletano, quanto per gli altri stabilimenti operanti sul nostro territorio nazionale.

Fino al prossimo 1° Luglio c’é sempre una flebile speranza che si possa sbloccare questa crisi perniciosa e complessa con l’azienda americana. Confidiamo sull’azione costante e martellante del Ministro Giorgetti e sulla ottima immagine internazionale del Presidente Draghi per ottenere, auspicabilmente, anche un intervento diretto del nuovo Presidente della Repubblica statunitense, che possa far registrare una sua specifica presa di posizione a favore delle maestranze della multinazionale a stelle e strisce, afflitti da disoccupazione e crisi pandemica, in un’area del Paese già fortemente disagiata.

Piuttosto andrebbe chiesto all’attuale Sindaco di Napoli, sul cui territorio comunale insiste la fabbrica in crisi della Whirpool, a che punto é la “interessantissima” e “praticabilissima” proposta da lui avanzata, di continuare a produrre autonomamente le lavatrici con gli stessi lavoratori della fabbrica, dopo averla occupata. Una sorta di autogestione seguita ad occupazione selvaggia in pieno stile anni 70, con una contrapposizione e uno scontro continuo tra operai e “padroni” di triste memoria. Ma soprattutto con una scarsissima e improbabile possibilità di mercato per l’eventuale prodotto finito.

Forse dimentica, il Signor Sindaco De Magistris, che la fabbrica é di proprietà dell’Azienda metalmeccanica americana. E che questa gente, al contrario del Comune di Napoli, non ama vedersi occupate le proprietà immobiliari ove insistono le proprie unità produttive. C’é da dire, inoltre, che questa opzione da lui proposta allontanerebbe di molto l’ancora possibile risoluzione della crisi aziendale ed esporrebbe i lavoratori a ritorsioni della proprietà, oltre a infrangere le leggi dello Stato. E allora, lasciamo che De Magistris vada a far danni altrove con la sua demagogia da strapazzo e concentriamoci tutti ( I MEDIA)  sull’obiettivo di mettere in campo una robusta pressione civile e democratica sul Governo e  Regione Campania, affinché siano individuate le risorse pubbliche necessarie al mantenimento della produzione della fabbrica di Ponticelli e il salvataggio dei suoi lavoratori. Anche facendo ricorso ai finanziamenti europei del “Ricovery Fund”. La mancanza cronica di lavoro a Napoli é una emergenza nazionale. E accanto a tutte le opere pubbliche individuate e programmate con l’U.E. per il rilancio dell’economia del mezzogiorno post pandemia, non si può lasciar morire una azienda con larghi margini di mercato e tante professionalità indiscutibili, senza aver proposto anche questa opzione di buon senso e di responsabilità verso i lavoratori, le proprie famiglie e l’intera città di Napoli già duramente provata e con un comparto industriale praticamente inesistente.