URBANISTICA MARXISTA E QUARTIERI GHETTO.

Urbanistica marxista e quartieri ghetto

La triste realtà del Parco Verde di Caivano non è altro che uno dei tanti esempi delle scellerate scelte che la sinistra italiana ha compiuto in modo particolare nelle grandi aree urbane.
La 167 di Scampia, lo ZEN di Palermo e le periferie anonime di Roma, Milano e Torino sono il frutto di una concezione classista tipica del marxismo che ha pianificato, spesso per meri calcoli elettorali, una deportazione di interi ceti sociali e la loro concentrazione in complessi urbani molto ristretti.
In Italia questo fenomeno si è sviluppato soprattutto a cavallo degli anni 70, quelli caratterizzati dalle vittorie elettorali del PCI nelle grandi città.
Queste sono anche le conclusioni alle quali è arrivato Riccardo Marone, storico vicesindaco di Bassolino ed anche sindaco di Napoli dal 2000 al 2001, che in un suo recente articolo comparso su Repubblica ha riconosciuto con grande onestà intellettuale un errore storico della sua parte politica.
Per effetto di quelle scelte, la sinistra ha condannato le periferie urbane ad una serie di problemi che hanno spesso generato isolamento sociale e degrado.
L’Istituto Autonomo Case Popolari, che ha avuto un grande sviluppo particolarmente durante il fascismo, ha rappresentato per decenni un esempio in positivo al quale continuare ad ispirarsi per la capacità di concepire gli insediamenti con una concezione “ante litteram” di housing sociale.
Sono questi i riferimenti ai quali ispirarsi per disinnescare tensioni sociali e degrado urbano.