A MILANO NASCE PRIMA L’OVULO O LA GALLINA??

 

“Milano gambe aperte, Milano che ride, si diverte” cantava Dalla che non è certo un imperativo categorico volitivo rivolto alla donna. Donna come Milano, che, però, fa ridere di sé e delle donne. È la Milano woke, tutta agenda della cancellazione della cultura; la Milano inclusiva dei petalosi arcobaleni e degli unicorni colorati dell’unico colore del pensiero unico. È la Milano Ztl e contributi generosamente elargiti ad ogni sorta di pride LGBT+-X:@#69asterisco. È la Milano con il Rolex sul polso che abbandona il caviale nel piatto per mozzicare l’involtino primavera e che apre ai ristornati “children free”, dove i bambini non sono ammessi che registra l’ennesimo cortocircuito, tanto evidente che, per salvare l’orgoglio meneghino, persino il primo cittadino Beppe Sala è costretto a fare marcia indietro. A dire che è troppo persino per quelli come loro.
Oggetto del discorrere è la collocazione, o meglio, il rifiuto della collocazione della statua denominata “Dal latte materno veniamo” in piazza Eleonora Duse – al cui proposito ci saremmo aspettati la vuota crociata in nome della difesa della “donna Duse” che prevedeva, come da protocollo, l’imbrattamento delle statue di d’Annunzio con vernice rigorosamente rosa, ma evidentemente stavolta non era in agenda – e non, poi, per chissà quale impedimento di sorta, per un soggettivo gusto estetico o chissà quale cavillo come la Napoli di Manfredi insegna.  No, la statua non s’ha da collocare perché “la maternità non è un elemento condivisibile da tutti”. La maternità è da cancellare per la commissione di esperti. La maternità offende a detta dei dotti soloni ambrosiani. Chissà se la vita si sia offesa ad essere stata donata a personaggi come questi. Chissà se i periti, se non sono periti per davvero, o, forse, solo “pìriti”, nell’accezione napoletana del termine, siano in grado di concepire, al di là dell’agenda che debbono seguire, che negare la maternità equivale a negare la vita. La maternità è un concetto universalmente fondante. Per un religioso e per un ateo, per un nordico e per un “sudicio”, per gli umani e pure per le bestie. Ogni essere vivente è tale perché nasce, cresce, si riproduce e muore.
La commissione inclusiva, buona buonissima buonista, addirittura suggerisce ai familiari dell’artista Vera Omodeo, che hanno donato l’opera, di regalarla ad un istituto religioso, dove la maternità può essere maggiormente valorizzata. Il che è un chiaro sintomo di un’intelligenza e di una preparazione totalmente asintomatica, nella misura in cui “maggiormente valorizzata” sta per “anche minimamente valorizzata”. Pure la commissione – femminile almeno nel genere grammaticale – è costituita da membri (sic!) che sono il prodotto di una maternità! Naturale, surrogata, in provetta, a pagamento, in affitto, che, per come bizzarramente la si concepisca, sempre maternità è. Senza maternità non ci può essere vita, molto semplicemente. È un fatto genetico. Ereditario. Originario.
Dire di no alla vita: forse è questo il vero messaggio da fare passare. In un momento in cui l’Italia, ma anche l’Europa e l’America vivono il peggior calo demografico di sempre, per giunta. Cancellare (anche) la maternità in nome dell’offesa, o fessi, del politicamente corretto, da parte dei prodi in ogni pride perché alla donna siano riservati gli stessi diritti degli uomini e sia dato anche all’uomo il “diritto” di partorire, di allattare, di giocare a fare la donna, anzi la mamma, che farciscono tutto in nome delle quote rosa e non delle reali capacità dell’essere umano, cui appartiene anche la donna – è il culmine dell’idiozia di questi sterili esecutori di obiettivi che non sono più nemmeno in grado di ragionare, di discernere il finto dal vero, di essere persino il valore aggiunto alla loro battaglia.
Insomma, una donna da cancellare, da nascondere e che offende secondo quei “donnafondai” con la mimosa nella pochette cui basterebbe capire che la donna ha l’inestimabile valore di “generare” vita. Ed è unica nel suo genere!
Partorire eroi, geni, artisti, generare vita è un dono che non potrà mai fare vergognare nessuno e per chi si sente offeso da tale esclusivo dono, come da notare il coordinamento Daria, è di esempio direttamente Caterina Sforza che, nell’assedio della sua città, vedendo minacciato il figlio, rispose mostrando il proprio sesso e gridando al nemico: “Ho lo stampo per farne altri!”.