lunedì, Dicembre 2, 2024
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Un ricordo di Stefano delle Chiaje,  un irriducibile militante nazionalrivoluzionario

Era un freddo giorno di febbraio del 1962 quando, con altri ragazzi, Emiddio Novi ed io partecipammo, con un pullman messo a disposizione dal partito, poco più che sedicenni, da militanti della Giovane Italia, l’organizzazione giovanile autonoma del MSI, ad una manifestazione a Roma dei Centri di azione agraria del principe Sforza Ruspoli. In realtà avevamo già deciso di approfittare del “passaggio” con il pullman della federazione per recarci alla  sede di Avanguardia, di cui erano note le gesta attivistiche  nel contrasto al comunismo.
Giunti a Roma in una piazza adiacente alla Stazione gli addetti al servizio d’ordine dei CAA ci consegnarono delle scope di saggina da portare ciascuno impugnandola col braccio destro, come simbolo dell’Associazione del principe, che voleva rappresentare la volontà di “fare pulizia” della partitocrazia.
Ci guardammo in faccia e ci venne da ridire.
Dopo cento metri di corteo rallentammo la marcia , abbandonammo gli agricoltori al loro destino e andammo alla ricerca della sede di Avanguardia Nazionale.
Avevamo l’indirizzo: piazza della Rotonda 5.
Giunti sul posto fummo ricevuti da una procace militante di Avanguardia con grande simpatia ed amicizia.
Ci disse che il Capo, Stefano delle Chiaie, era assente per la morte del padre, che a Napoli non avevano riferimenti e che ne avremmo parlato appena fosse stato possibile.
La sede ebbe per noi un grande fascino, fulminante! Slogan e manifesti esaltanti con il simbolo della runa che campeggiava su tutti i muri.
Un “covo” più che una sede politica di un partito, ben diversa dalla nostra sezione del MSI.
E poi un clima giovane di solidarietà e di cameratismo davvero unico.
E poi ancora il “mito” di Stefano che girava in tutto il nostro ambiente
Fummo felici di quella scelta , lasciammo il Msi  , troppo parlamentarizzato e moderato per i nostri ardori giovanili ed aderimmo
con passione ad AVANGUARDIA
Tornati a Napoli con Emiddio, Tullio,
Renato, Ottavio,Gennaro e tanti altri provocammo una scissione nella Giovane Italia di Napoli e riuscimmo ad aprire una sede in via Martucci, in uno scantinato, il nostro “covo”.
Stefano venne ad inaugurare la sede: era un uomo di piccola statura , a Roma lo chiamavano apposta  “er Caccola” ma emanava un carisma fortissimo, una carica umana e spirituale che ha conservato per tutta la vita.
Chi lo ha conosciuto, nonostante le sue gravissime vicende giudiziarie, i suoi processi, i suoi arresti, le sue latitanze e quant’altro gli è rimasto vicino per decenni, anche quando magari ha seguito altri movimenti o partiti, persino a sinistra.
Quando Stefano chiamava tutti accorrevano anche solo per una pizza e/o per celebrare una cameratesca rimpatriata .
Nonostante tutto è rimasto sul pezzo, senza mai addivenire a compromessi, accettando con coraggio e senza mai un cenno di stanchezza il peso di una militanza davvero durissima.
L’ho rivisto dopo oltre cinquant’anni a Benevento alla presentazione del suo libro “L’Aquila ed il Condor”, la storia di una tragica  vita romanzesca che er Caccola riuscì ad interpretare come l’eroe di un’avventura, un’affascinante avventura che, come tutte le cose della vita e  del mondo ad un certo punto finisce, ma non per quanti ne conservano con affetto la stima e ne amano il ricordo.
Onore a Te Stefano.
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