Per “Bologna” bisognerebbe rifare il processo in nome della giustizia

“La strage di Bologna è un incidente accaduto agli amici della “resistenza palestinese” che, autorizzata dal “lodo Moro” a fare in Italia quel che voleva purché non contro il nostro Paese fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo”, dichiarò l’ex-ministro dell’Interno e poi Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, un politico di grande esperienza nell’ambito di tutto ciò che si muoveva e si muove dietro le quinte dei conflitti internazionali, soprattutto grande conoscitore di strutture ed apparati “coperti” dai Servizi Segreti dei Paesi di tutto il mondo.
Una dichiarazione, quella del Presidente Cossiga, che fu registrata dalla stampa, già orientata in un’unica direzione, con scetticismo quando non addirittura con sarcasmo e che oggi invece trova nuove e clamorose conferme grazie a nuove indagini rese possibili mediante più aggiornate e sofisticate tecniche, come sta emergendo dal processo a Cavallini, per concorso, in atto in questi giorni.
Certa anche la presenza a Bologna, in quei giorni, secondo la Stasi, il potentissimo servizio segreto della Germania comunista, di terroristi del gruppo dinamitardo di Carlos “lo sciacallo”, Thomas Kram e Christa Margot Frolich.
I riscontri tecnici metterebbero in relazione la strage di Bologna ad attentati terroristici addebitati a Carlos in Francia, in particolare quello di Saint Charles del 31 dicembre 1983.
Carlos invece a sua volta sostenne che erano stati gli americani a far esplodere la bomba alla stazione per distruggere armi trasportate da alcuni nuclei dell’FPLP, un gruppo terrorista palestinese che operava in Europa e negli Stati Uniti. Per Carlos, l’attentato di Bologna sarebbe servito per “tenere l’Italia nell’orbita Nato”.
Una sola cosa appare comunque certa a tutti quelli che negli anni hanno seguito la drammatica vicenda del più grave attentato mai compiuto in Italia in epoca di pace: i colpevoli, condannati all’ergastolo, Fioravanti, Mambro e Ciavardini sono innocenti. Tuttavia, ancora ieri, dal presidente del Comitato delle vittime della strage, passando per Mattarella, (il quale peraltro timidamente ha affermato, non certo a caso, che si devono eliminare “le zone d’ombra”), si è continuato ad affermare che “individuati gli esecutori materiali, bisogna trovare i mandanti” e, non invece, come sarebbe giusto e sacrosanto, che bisognerebbe rifare il processo daccapo, senza verità preconfezionate e colpevoli anch’essi fatti su misura, per restituire giustizia ad 87 persone innocenti ed a centinaia di feriti nonché ad un Paese intero, avvelenato da una Giustizia ideologica che non prende atto di quanto anche le pietre martoriate della Stazione di Bologna ormai conoscono.