NON FERMIAMO L’ITALIA: DIAMO UN TAGLIO ALLE ACCISE SUI CARBURANTI !!!

Sembra impossibile, ma é proprio così ! L’Italia é il Paese Europeo con le accise sui carburanti più alte, con la sola eccezione del Belgio che “riesce a soffiarci”, ma solo per poco, il primo posto tra le nazioni con il numero di prelievi tributari più elevati e più numerosi applicati ai beni di consumo. (Oltre l’iva, naturalmente che é un discorso a parte!) A noi italiani, però, rimane il triste e vergognoso primato di continuare a “tassare” i carburanti con le accise più antiche e anacronistiche del mondo: dal prelievo tributario applicato dal governo mussoliniano nel 1935 per fronteggiare le spese della guerra di Abissinia (0,1 centesimo) alla successiva guerra con l’Etiopia (1936, con 1,9 centesimi di maggior carico o accise, sui carburanti). Per passare poi ad un nuovo balzello applicato in occasione della crisi di Suez nel 1956 (0,00723 euro) e successivamente in occasione del disastro della diga del Vajont del 1963 con un accise di 0,00516 per favorire la ricostruzione post alluvione. E di alluvione in alluvione si arriva a quella di Firenze del 1966, con un’altra accise di 0,00516 per i danni subiti dall’esondazione dell’Arno. E poi ancora le accise applicate per fronteggiare le maggiori spese per il terremoto del Belice……….. Ma non si finisce qui! Nei quarant’anni che vanno dal 1956 e il 1996 sono state introdotte ben otto nuove accise sui carburanti. Mentre salgono a 10 nuove accise quelle applicate tra il 2004 e 2014 (ultima occasione, proprio nel 2014 con il cosiddetto Decreto del Fare del Governo Letta, poi Renzi).

Ma in definitiva cosa sono queste accise applicate ai consumi dei carburanti (e non soltanto) dai governi di tutta Europa , anche se con modalità meno inique, ingiustificate e, soprattutto, anacronistiche dell’Italia che applica, come già detto,  ancora le accise ormai “decotte” per la conquista dell’Impero del 1936 o altre calamità del nostro passato remoto?

Le accise costituiscono tributi indiretti. Cioè a dire un prelievo tributario per ciascun litro di benzina o gasolio che lo Stato applica sulla vendita di prodotti di consumo, (nel nostro caso ci occupiamo dei soli carburanti per autotrazione), per far fronte a spese impreviste o calamità naturali o anche conflitti (regionali o territoriali) che determinano scarsità di prodotti petroliferi. O ancora altri eventi che determinano la necessità, per lo Stato, di “fare cassa”. Lo scopo é di per se giustificabile proprio dalla urgenza, oltre che dalla necessità di porre rimedio a situazioni gravi ed impreviste. Quel che invece turba moltissimo e che diventa oltremodo ingiustificabile, é certamente il permanere del “balzello” ben oltre il tempo necessario alla risoluzione della problematica che ha dettato l’applicazione dell’accise. Ritenete voi che lo Stato Italiano abbia,  ad oggi e  nel frattempo, provveduto a far fronte alle maggiori spese derivanti dalla creazione dell’Impero? E alle spese per la ricostruzione post  alluvione di Firenze o per il disastro del Vajont?  E allora siamo seri! Questi balzelli datati e decrepiti vanno tagliati e subito!

Soprattutto in questa fase davvero complicata, per non dire drammatica, che vive il nostro Paese a seguito degli aumenti incredibili del costo dei carburanti e del gas di questi ultimi mesi. Aumenti divenuti oltremodo insopportabili e molto preoccupanti dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Evento che non lascia intravedere momenti positivi né nella ricomposizione della controversia tra i due stati belligeranti dell’Est Europeo, né di un probabile e rapido riassestamento del mercato petrolifero mondiale a seguito dei terribili accadimenti sul suolo ucraino, cui assistiamo sgomenti e sostanzialmente impotenti.

Nel frattempo l’Italia é in ginocchio. Fra benzina e gas alle stelle, inflazione in salita, aumento dei prezzi di generi alimentari, ortofrutticoli e generi di prima necessità come pane, pasta e farinacei (causa il blocco alle importazioni di grano da Ucraina e Russia) l’Italia sta vanificando gli incoraggianti e timidi segnali di ripresa dell’economia nazionale dopo il lungo periodo di buio della Pandemia da Covid 19.

Come se non bastasse, il settore autotrasporti, che assicura in tutta Italia (e gran parte dell’Europa) l’approvvigionamento delle merci più diverse e necessarie a partire proprio dai generi alimentari e gli ortofrutticoli, prevalentemente dal sud verso il nord dello stivale e oltre i nostri confini, é ormai giunto alla “canna del gas”! Un settore strategico e assolutamente indispensabile per l’economia nazionale se é vero come é vero che i trasporti via mare e quelli su ferro, in ragione di molteplici criticità tutt’ora non risolte, non assicurano nel nostro Paese trasporti rapidi ed efficaci come quello su gomma. Ebbene proprio ai nostri autotrasportatori la crisi attuale, che determina  aumenti del prezzo del petrolio quasi giornalieri, ha creato difficoltà inenarrabili con la evidente necessità di sospendere la propria attività di lavoro in attesa di provvedimenti urgenti ed indispensabili del Governo che pongano un argine ad una situazione non più sostenibile per i costi proibitivi del carburante.

Viviamo queste gravi difficoltà ormai da tempo e il Governo ancora studia correttivi e analizza ipotesi su ipotesi di intervento. Si sondano nuovi mercati ove reperire approvvigionamenti di petrolio in alternativa al mercato russo. Ma poi si preferisce attendere un intervento complessivo dell’Unione Europea per strappare prezzi (si spera) più vantaggiosi,  facendo leva su quantitativi maggiori di greggio per il fabbisogno di quasi tutti i paesi europei che vivono al momento le stesse nostre difficoltà.

Si valuta quindi di riaprire temporaneamente le centrali a carbone ancora esistenti sul nostro territorio, (sia pure attualmente non in uso per l’eccessivo inquinamento) al fine di fronteggiare questa grave emergenza energetica e solo per il tempo necessario. Ma il giorno dopo questa opzione viene esclusa o accantonata.

Si opta allora per l’ipotesi di aumentare la capacità dei rigassificatori già operativi sul nostro territorio nazionale. Ma attualmente sono soltanto tre e occorrerebbe progettarne di nuovi  e poi realizzarli. Tanto per essere messi meglio nella “lotta di indipendenza” dal gas russo. Ma in questo modo i tempi si allungano enormemente e poi c’é sempre da non trascurare le possibili contestazioni degli ecologisti nostrani, sempre pronti a cavalcare nuove sfide e nuove battaglie di pseudo tutela ambientale.

Qualcuno avanza l’ipotesi di congelare il maggior gettito di IVA sui carburanti che introita lo stato in considerazione dell’aumento del costo del carburante alla pompa. Ipotesi che non significa eliminare l’imposta dell’IVA (pure proposto da diversi esperti ed analisti di settore) ma solo di bloccare temporaneamente l’aumento automatico dell’IVA sui futuri e probabili nuovi aumenti del combustibile. Tanto per non aggiungere costi ulteriori su un prodotto di largo consumo, già tassato come in nessun altro Paese occidentale. Apriti cielo e proposta rinviata ai numerosi e qualificati mittenti!

Nel frattempo la prossima settimana vedrà i primi blocchi delle attività degli autotrasportatori italiani che stanno assistendo soltanto a degli inutili e mortificanti balletti tra Ministri, sindacati e addetti ai lavori, che si rimbalzano proposte e ipotesi “risolutive” che non risolvono alcun che. Mentre iniziano a scarseggiare generi di prima necessità nei banchi dei supermercati, anche per la concomitante e prevedibile psicosi da “accaparramento” prodotta dalla guerra in Ucraina.

A nostro sommesso avviso, le difficoltà attuali possono essere mitigate nell’immediato con la proposta sensata, e per troppi versi sacrosanta, di eliminare tutte le accise applicate al prezzo della benzina e del gasolio. In tal modo il costo dei carburanti alla pompa scenderebbe ben oltre il 40 % (e forse più) con evidenti benefici immediati per l’intero comparto dell’autotrasporto e non soltanto. Con ciò contenendo a cascata anche i prezzi dei prodotti alimentari, gli ortofrutticoli e l’intera filiera agroalimentare. Si darebbe inoltre una boccata di ossigeno al settore delle autovetture che vive una nuova crisi profonda nonostante gli incentivi governativi per l’acquisto di vetture elettriche o ibride. Ma, soprattutto, il taglio delle accise offrirebbe agli italiani una buona dose di fiducia nell’azione di governo, una volta tanto impegnatosi (magari lo facesse nell’interesse dell’intero Paese) in un provvedimento di natura strutturale con la eliminazione in via definitiva di “gabelle” anacronistiche e ingiustificate che, attualmente, suscitano soltanto sconcerto e forte disapprovazione negli Italiani. Ilarità e derisione nei partners europei.