MORTO UN PAPA ……… NON SE NE FA UN ALTRO !

Prima che ci avvelenino con maratone televisive che manco Mentana si sognerebbe di sopportare,  tentiamo di regalare un ricordo quantomeno dignitoso di Benedetto decimosesto – sono certo che lui gradirebbe/gradisce questa aggettivazione – al secolo Joseph Aloisius Ratzinger.
Diffidiamo, dunque, degli speciali ad hoc mandati in onda dal mainstream prezzolato, in modo visione, “urbi e tordi” perché proprio i cantori mediatici, gli in-formatori hanno contribuito a “far morire” papa Benedetto. Che essendo il vicario di Cristo è morto sì, ma secondo la concezione cristiana.
I media tutti, dopo essere stati riuniti, invece di parlare, anziché indagare sul perché delle dimissioni, almeno sui motivi oscuri, mai chiariti e persino sorprendenti, hanno preferito accogliere il successore, il secondo Papa o meglio, il papa secondo alcuni, in pompa magna: Francesco, il papa dei poverelli e dell’umiltà: non dicendo che il nome scelto nulla ha a che fare con il poverello di Assisi, ma è un “omaggio battesimale” ad uno dei padri gesuiti. Quel Francesco che rifiuta l’oro della croce e del piscatorio: ma non hanno mai chiarito la raffigurazione, quindi, il significato della croce di ferro che porta al collo. Nemmeno quando altri l’hanno analizzata per capire (e sono sorte dietrologie o, almeno, dubbi, polemiche oscure, insinuazioni di verità?). Francesco che esce fuori dagli schemi (non siamo scemi!) ma sempre dentro gli schermi: Francesco che cammina a piedi, Francesco che telefona a casa della gente. Mica Francesco che non va in Argentina e perché; Francesco che si autodefinisce sempre e solo Vescovo di Roma e non Papa al cospetto del Papa Emerito; Francesco che in Vaticano riceve i potenti della terra, ma non l’allora presidente della nazione più potente della terra (Donald Trump) e le oscure ospitate in Vaticano di lobbisti, dei signori della finanza internazionale da parte di chi dovrebbe (re)incarnare la povertà; del perché egli stesso alloggi nel complesso di Santa Marta e non nell’appartamento papale. Per dirla, appunto, in maniera papale papale.
Francesco è più diretto, arriva più facilmente alla gente semplice, rispetto al “pastore tedesco” – testuale definizione de Il Manifesto – che, invece, ha la colpa di essere un fine teologo, pare essere considerato addirittura il più importante del XX secolo, uno studioso come non se ne vedevano da tempo, un coniugatore di Tradizione e innovazione, di Fede e Ragione, di ellenismo e cristianesimo, uno strenuo difensore dell’Europa cristiana e delle sue radici.
Se Cristo s’è fermato a Eboli, papa Benedetto XVI è morto a Ratisbona. Proprio nell’università che l’ha visto studente (tra i migliori) e dove è ritornato per tenere una Lectio Magistralis  (come quella tenuta ugualmente a La Sapienza di Roma, dove gli fu impedito di entrare)  che sancì la sua “fine” e pure il suo fine: nella città bavarese, ebbe modo di pronunciare un paio di frasi destinate a scuotere il mondo. Frasi non sue, in verità, ma di Manuele II Paleologo, padre dell’ultimo imperatore dell’Impero Romano Costantino XI che, mentre era ostaggio del sultano ad Ankara, con sapienza greca affrontava un saggio persiano dicendo “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi troverai solo cose cattive e disumane, come la sua direttiva di difendere per mezzo della spada la fede che egli predicava” e ancora, “Non con la spada, ma con la ragione si trasmette la fede perché Dio non si compiace col sangue”. Parole che suonarono come delle autentiche bombe in una Europa in ostaggio degli attentati terroristici alla metropolitane di Londra e Madrid – la cattolicissima Spagna – al Bataclan, all’esterno dello Stade de France in occasione dell’incontro di calcio Francia-Germania, a Saint-Étienne-du-Rouvray, quando, due uomini armati di coltelli, entrano in una chiesa uccidendo il parroco e presero in ostaggio alcune persone, ed altri ancora.
Il messaggio era chiaro: o rimuovete “il fine teologo” o avrebbero continuato. Anche perché papa Ratzinger aveva incarnato un non certo arrendevole difensore di un’Europa antica, ma sempre viva, ormai sentita come quasi estranea e superata. In nome di una Chiesa di un discutibile Cristianesimo orientata ad occuparsi sempre più (ideologicamente) di temi sociali, di una umanità asservita e piegata – leggi sottomessa – alla tecnica e alla chimera della scienza. Che procede, come egli stesso sosteneva, “etsi Deus non daretur” – come se Dio non ci fosse – per ridurre l’uomo ad una sola dimensione orizzontale. L’Europa, e con lei la Chiesa, doveva seguire una rotta (da altri) già tracciata che avrebbe portato ad approdare ai porti sicuri dell’accoglienza senza distinzione (tra chi ha veramente bisogno e chi no) in nome di una giustizia sociale, di impronta socialista, di tutti i migranti, se lo dice una qualunque ong, dell’ambiente delirante, o secondo i capricci di una bambina viziata come Greta Thumberg.
Un programma che trova la sua personificazione (un caso?) proprio nel successore di papa Benedetto che riceve curiosi riconoscimenti di Cristo con falce e martello, Cristo guevarista da dittatori cubani e boliviani, rendendolo così amato da lobbisti ed elite bancarie, dai regimi sudamericani (forse non è più tornato a Buenos Aires perché in Argentina non c’è un regime), da trafficoni e trafficanti di merce umana da ridurre a offerte da scambio e schiavitù. Tutti temi graditi ad una certa sinistra, sempre più colorata, tanto che sempre Il Manifesto ebbe a dire che la sinistra è appesa ad un pontefice, ad un prete. Vista l’emorragia di segretari, da Vendola a Frantoiani, passando per la decina e oltre di segretari del PD che si sono avvicendati, che sia proprio papa Francesco il reggente ed il collante affinché la gente torni a votare rosso… porpora?
Ciò che papa Francesco ha fatto finora, in realtà, è tutto ciò che il suo predecessore temeva: anche solo (?) l’assecondare la transizione globalista dal Dio confessionale al dio dissacrato (a tratti anche sostituito: pachmama vi ricorda qualcosa?), sdivinizzato, un diosenzadio, un ateo, un ibrido incrocio bastardo tra un mezzo idolo new age e una statuetta della rivoluzione francese. Tutto è mescolato, tutto è relativo e, poiché niente risulta essere davvero qualcosa, tutto è annullabile. A partire dall’identità. Poiché il Papa Emerito non era uno che faceva le cose a metà, ma era uno che doveva apparire tedesco, cattivo per antonomasia – chissà perché non lo hanno mai ritratto con l’elmetto di ferro in testa, come da copione, avendo fatto parte della Hitler-Junged – aveva avviato una campagna di “tolleranza zero” contro le “sporcizie della Chiesa”, in riferimento a delle molestie sessuali consumatesi da un prete ospitato nella sua diocesi con lo scopo “di farlo curare”. Pare, almeno da ciò che finora è emerso dal processo, che Ratzinger non fosse nemmeno direttamente responsabile, anzi un altro sacerdote si è assunto la propria responsabilità di non aver comunicato a Benedetto, allora vescovo, quanto accadeva. Evidentemente non si doveva scoperchiare un vaso in cui erano custoditi i segreti di tanti. Se fossero stati anche i suoi segreti, avrebbe avuto interesse a “tollerare zero”? È evidente che chi tocca certa cacca con le mani finisce per sporcarsi: lo sappiamo bene noi in Italia che abbiamo processato e continuiamo ad accanirci ancora e ancora contro un ultranovantenne servitore dello stato come Bruno Contrada, pur se le accuse sono sostenute sulle dichiarazioni dei soli pentiti. A convenienza.

È notizia del post mortem del Papa che il processo a suo carico continuerà e a pagarne (eventualmente?) saranno gli eredi. Non ci stupirebbe se chi non potrà difendersi sarà giudicato colpevole. Per l’altrui salvezza, se vogliamo leggerla secondo il cristianesimo 2.0, quello di Pachmama e da lavanda di piedi a suon di baci carponi.
Sarà strano, ma é la prima volta che un Papa celebrerà i funerali di un altro Papa. Non sarà la prima volta, però, che non sarà dichiarata la sede vacante, condizione imprescindibile per dare luogo a nuove elezioni: era già accaduto con Bergoglio. Se, dunque, la sede vacante è la condizione imprescindibile per la nuova elezione e questo non è avvenuto, l’elezione dovrebbe essere nulla.

Quindi il papa non è Papa. E non ci sarà nemmeno una nuova elezione, visto che avremmo un Papa-non-Papa, o almeno non ufficiale. Quindi ci sarebbe una sede vacante, che è condizione per poter indire una nuova elezione.

Al netto dei tecnicismi e dei cavilli, contano le azioni per rimanere nell’eternità. E quelle di Benedetto XVI pare siano andate tutte, se non verso la Santità, sicuramente sulla via tracciata dalla Parola. Ché è stato un Pontefice ripudiato da quella Chiesa che non l’ha difeso, perché non piaceva all’Islam. E non certo per l’amore per la birra, per la cucina tedesca, per Mozart in cui rivedeva l’armonia di Dio e perché si fermava a parlare con i gatti che si dice fossero numerosi al suo seguito.

Umano troppo umano. Anche. In netta antitesi con il gigante della sua ultima enciclica “Caritas in veritate”, dove sembra dire che va bene il perdono, va bene la carità, ma non al costo da compromettere la Fede, quella cristiana, no categorico all’abiura. Può solo questo, tutto questo, essere condizione sufficiente per tradire, per ripudiare non come Giuseppe di Nazareth, ma come Iscariota che pure era un fedele discepolo, un eletto ammesso alla mensa e pure il più “affettuoso” degli adepti?