LO SCERIFFO DE LUCA E LA SETTIMANA DI FESTEGGIAMENTI DEL GAY PRIDE!

 

Stutate sunt lampioncelle. Finalmente! Dopo sette giorni – perché Napoli è esagerata anche in questo – fasti e feste dall’united colors arcobalenati vanno mandati in soffitta, ma con essi, purtroppo, non i fantasmi e non le maschere di questa carnevalata consumate all’ombra del Maschio – nessuno si offende, vero?- Angioino. A proposito di esagerazioni, stavolta in strada sono scesi proprio tutti. Tutti quelli che non si sono mai visti in corteo con i disoccupati della Whirlpool o della Jabil, né  con i cittadini dei borghi vittime dello scellerato Patto di Marano, dove hanno chiuso ospedali e posti di Pronto Soccorso. Immancabile, dopo le “prove capitali,” il “capopopolo” Vincenzo De Luca e il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi.  Ma Vicienzo ha voluto davvero strafare: contrariamente alla Regione Lombardia, lo sceriffo non solo ha sfilato tra tette al sole, tutti senza tatto, ma ha addirittura concesso il patrocinio. Cioè, ha dato loro i soldi nostri, mica i suoi!
Tutti sono contenti (per i contanti) e tutti rilasciano dichiarazioni “pisellov” in salsa di pomodoro, mozzarella e basilico. È vero che Napoli è la città del sole, ma arrivare a dire “Napoli è una città che resiste, è la città della Resistenza, delle Quattro Giornate e anche il nostro pride resiste” è davvero troppo, persino se ti chiami Antonello Sannino e sei il presidente dell’Arcigay, dell’Antinoo e del Comitato Pride Napoli. Al netto della presunta veridicità e della quasi certa riscrittura – vizietto tipico sinistro – quello di riscrivere la storia, sembra che per essere omosessuali si debba essere necessariamente di sinistra. La quale detiene (pure) il monopolio dell’appartenenza “omo”, uguale per dire diverso, una sorta di egemonia. Eppure, Gramsci, per chi l’ha letto, sa che intendeva dire ben altro. Chissà che città vedono e vivono questi qua quando descrivono Napoli come “una città moderna, una città che guarda al futuro” e che “deve essere una città aperta”??. E Napoli lo è per la sua storia e per la sua tradizione”. Città moderna che guarda al futuro intesa come città che guida il progresso, non perché Napoli è così tradizionale, ma piuttosto, così tradizionale che ha conservato persino la struttura “storica” e tradizionale dei vicoli dei cardi e dei decumani. È così tradizionale e tradizionalista che Natale non solo dura trecentosessantacinque giorni all’anno, ma addirittura c’è una strada dedicata completamente e solamente al Natale napoletano. La festa dello scudetto è durata oltre tre mesi ed è iniziata nientedimeno che a gennaio; il problema della mancanza di occupazione è così “tradizionale” da divenire quasi una peculiarità atavica. Altro che i miseri sette giorni di pride! Ma le deliranti farneticazioni continuano con programmi del tipo “dobbiamo riaffermare il valore della difesa di tutti”. E se dici difesa di tutti e soprattutto se dici farneticazioni e delirio non può non fare capolino lui: Vincenzo De Luca, che parla di libertà quale conquista da parte di tutti di “organizzare la propria vita secondo i propri valori e propri sentimenti. Offendere in un consultorio una donna che deve fare un’interruzione volontaria di gravidanza è un atto di violenza intollerabile”. E già qua basterebbe far capire, laddove fosse possibile capire, che una donna che si reca in un consultorio per abortire – leggi sopprimere un feto – innanzitutto ha avuto rapporti con un uomo – perché, pure se sei presidente dei gay della Campania, saprai che le donne non bastano né a loro stesse né alle donne come loro, per concepire – e, in secundis, va ella stessa a compiere un atto di violenza. Che poi vengano anche offese, probabilmente questo accade nei consultori della disastrata Sanità campana che ha persino un delegato speciale che si chiama sempre Vincenzo De Luca. Che, a sua volta, si appella ai giovani e al loro coraggio affinché non pieghino mai la testa e blà blà blà, che significa solo puro elettoralismo senza scrupoli.
Veramente credete di aver portato la modernità a Napoli con quattro svestiti quando Napoli ha la tradizione del femminiello? E non c’è integrazione da insegnare a questa città, tanto che tale figura è presente da sempre, dalla tombola scostumata di Natale fino ai giorni nostri, da La Pelle di Malaparte fino alla Napoli velata di Ozpetek, ove viene attribuita al femminiello, persino la buona fortuna. Tanto che si è soliti mettere in braccio ai femminielli i bambini appena nati.
Smontati gli arcobaleni, le bandierine, tolto il cerone, i tacchi a spillo e rimessi i vestiti, il pride, la modernità, la dignità, il coraggio, la lotta, i diritti e tutto il caravanserraglio di cui si è cianciato nella settimana appena trascorsa, non avranno risolto un solo problema di Napoli: la Sanità, i “balletti” della zona flegrea, il lavoro, la delinquenza, i trasporti e chi più ne ha più ne metta. Anzi, forse ne abbiamo aggiunto uno: il caravanserraglio partenopeo vede la sua incarnazione in Palazzo Fuga, altrimenti detto Real Albergo dei Poveri, su cui insiste un progetto – un altro – stratosferico di valorizzazione e di rilancio di Napoli. Speriamo solo non faccia la fine – che non ha visto nemmeno l’inizio – dell’area dell’ex Italsider di Bagnoli.
Si pensa di creare nel mega complesso di piazza Carlo III una biblioteca, con annesso cinema, sale conferenze, un teatro, locali, ristoranti, un Museo archeologico, biblioteche, aule studio, studentato che darà a Napoli il polo culturale più grande d’Europa. Ma per ora tutto è stato subappaltato alla sinistra per farne il quartier generale di questo pride 2024. Effimero. Precario. Come il jobs act, i voucher e tutto ciò che “instabile” e transitorio ha partorito il progressismo puntuale come un Rolex gauche & caviale. Come il Napoli pride. Altro che prodi: prude! Come quella libertà di essere liberi armocromisticamente rivendicata per poi trovarsi a capo (e menomale!) padroni e “padrini. Tutti tengono famiglia e questo s’ha da fa’ pe’ campa’ !!