LA CORTELLESI RILEGGE “SINISTRA-MENTE” BIANCANEVE. Ma prima dovrebbe imparare a leggere!

A volte ritornano. Avvolte da quell’ideologia woke, imbevuta da quella supponenza insita di cui il Paese farebbe volentieri a meno e non ne sente minimamente la necessità, incartapecoriti da quel politically correct trito e ritrito talmente riproposto che ha stancato perché per nulla valido.
Archiviate le polemiche (strumentali) sugli “onorevoli” pistola – cui si chiedono le dimissioni dall’incarico politico per fatti non politici occorsi – cavalcate le controversie sul concupito Giambruno che sarebbero pure fatti privati, montate – anche metaforicamente – le controversie sul sempiterno fascismo d’inizio d’anno in modo da poterlo riproporlo per tutto l’anno, la sinistra riparte dai bambini. Attraverso gli adulti bambinoni, oggi in platea e domani nel loggione, voce del verbo “ritorniamo a Bibbiano, faremo del progressismo”. E non lo fa avvalendosi dei propri pseudo-colti d’area in sostituzione della Murgia, pace all’anima sua, o delle suffragette pacifinte e arcobalenate evergreen, ma arruola i succedanei degli influ-Ferragnez, ovvero le maschere del jet set, sempre per un mero calcolo di visibilità. E pazienza se il rischio è quello di un testacoda su un tema come quello del patriarcato su cui si è registrato un cortocircuito di proporzioni cosmiche. Ritorna in iscena la Cortellesi che sciorina il proprio pippone indirizzando la propria filippica contro la figura della colf ad una platea, come quella della Luiss, dove gran parte della maggioranza, se non la totalità, degli astanti con il Rolex al polso e l’alito di caviale & champagne, ha la colf a casa che ha provveduto a mondare l’abito di gala proprio in stile Biancaneve. Che ci sarà mai di male per i sinistri a fare la colf chi lo sa. Certo, la colf non proprio come il ben poco onorevole trattamento riservato da quel pugno chiuso di Robertino Fico o da quella femminista della Boldrini che chissà se sa, e come lei anche la Cortellesi, che quella della colf è una professione svolta anche dal genere maschile. Alla faccia della parità di genere!
Leggere, però, non significa saper leggere. Se avesse saputo leggere, o, più propriamente capire, la Cortellesi avrebbe dovuto sapere che proprio la fanciulla bianca come la neve – che non si può dire perché la descrizione non rispetta gli standard della community filo-black – rischia il femminicidio per mano di un’altra donna: la matrigna. Altro che patriarcato! Anzi, addirittura è salva grazie alla magnanima disubbidienza di un uomo, il cacciatore di corte, che mente alla matrigna a cui consegnerà il cuore di un cervo quale prova dell’infanticidio.
Che scandalo, sostiene l’attrice-regista, Biancaneve fu principessa che si abbassa a fare le faccende di casa per altri uomini: è qualcosa che deve far trasecolare qualunque eletto appartenente alla casta del gauche caviar, con tanto di irriconoscente me ne frego rosa se la pulzella riesce a sopravvivere perché quei sette uomini minatori la accolgono (aborro il termine!), le assicurano un ristoro, del buon cibo e un tetto sulla testa. Altro che colf! Questa si chiama riconoscenza, ma nel magico mondo di Paoletta probabilmente alla principessa è tutto dovuto perché lei è lei e i nani non sono un c… con buona pace dell’anarchico De André che riconosceva a questi abitanti del bosco di essere “i più forniti della virtù meno apparente, tra tutte le virtù la più indecente”.
Se questi soldati del progressismo vogliono creare un mondo nuovo e rigettare quello in cui sono cresciuti (nemmeno tanto male, almeno fino a quando non si sono persi) non si capisce perché non creino loro favole, con eroi/ne/* a loro più congeniali, anziché smantellare per tutti – evidentemente questo è il loro concetto di democrazia – le favole esistenti, cancellarle, dopo averle rovinate.
Davvero si può delirare così ad una platea come quella della Luiss? Davvero la Luiss non riesce ad invitare un personaggio più dignitoso di cotanto aedo? Sarebbe andato bene chiunque, forse persino qualche intellettò “dedestra” tanto per godere maggiormente del “diritto” inchino ai piagnoni rossi dell’“altra sponda” che continuano a dettare loro l’agenda dei pentimenti, tra scuse e scappella-menti a destra e a manca che è la vera cosa che non manca a destra.
Sarebbe andata bene persino Belen che ciancia anche lei di patriarcato – almeno loro due, a differenza della classe dirigente rossa progressista, l’hanno capito che bisognava battagliare su questo tema e non abbandonarlo in favore del fascismo, dei pistoleri di Capodanno e dei panettoni farlocchi di Natale – grazie al quale lei è riuscita ad avere ricchezza e fama, almeno finché i glutei non si sono ammosciati e sostituiti con altri nel pieno della floridezza. Decisamente più “cosciente” della Cortellesi che pensa di poter spacciare la propria mediocrità conformista e obbediente al politically correct assurta a intellettualità imperante.
Chissà se la Cortellesi ha letto anche altre favole ed è riuscita a distorcere anche lì il topos: penso alla scarpetta di Cenerentola che riesce a calzare solo lei perché solo sue sono indubbie qualità morali; o le scarpette di Dorothy ne Il mago di Oz che hanno il potere di riportarla a casa. O anche il gatto con gli stivali. Le scarpe sono un simbolo ricorrente e potentissimo nelle fiabe che sono propedeutiche a qualche insegnamento e mai strumentali come le sue riletture: non a caso la parola “peccato” deriva dal termine latino “pes” (piede) che identifica chi non segue la strada che indica la propria anima, la propria morale. Non è un caso che già nell’antica Grecia, lo scrittore Esopo concludeva le sue favole con il verso “‘o μύθος δελοι οτι” (o mythos deloi oti): “la favola insegna che… ma la Cortellesi frequenta le scuole di chi sostiene che il Greco e tutto ciò che è radice, fondamento, identità e civiltà va abbandonato, distrutto e cancellato per poi gridare “to be continueed” e “the show must go on”. E la cosa bella è che “C’è ancora domani”.
SpettacUlo!