Il piano di edilizia sanitaria di De Luca è un atto dovuto. Altro che rivoluzione

Fatta passare per una grande, unica ed innovativa iniziativa politica dell’attuale governo regionale, quella del Piano di Edilizia Sanitaria annunciata dal Presidente De Luca, non  è altro che un atto dovuto. Per giunta fortemente tardivo, per molti versi poco comprensibile e contraddittorio in talune scelte e piuttosto “sbilanciato” su determinate aree geografiche della nostra regione. Ma è  un provvedimento  certamente necessario, se si tiene conto che il precedente Piano di Edilizia Ospedaliero fu approvato dal Consiglio Regionale “soltanto” nel Dicembre del 2000.

Predisposto nel corso della Legislatura regionale (1995-2000) a guida Centro Destra, il cosiddetto Piano Rastrelli fu elaborato e curato nei minimi dettagli dall’indimenticabile e competente Presidente della 5° Commissione Permanente “Sanità e Sicurezza Sociale” del Consiglio Regionale della Campania, On. Antonio Cantalamessa. “Tonino”, come lo chiamavano affettuosamente gli amici, volle predisporre ed attivare un’ampia e qualificata “concertazione istituzionale” che vide confrontarsi per alcuni mesi Associazioni di categoria, Ordine dei Medici, dei Veterinari e dei Biologi, dei Sindacati, i vertici amministrativi e sanitari delle Asl della regione, della Sanità privata e convenzionata, La Croce Rossa Italiana e le Associazioni di Volontariato. Tutti insieme, in un clima collaborativo e partecipativo, per individuare e razionalizzare la spesa necessaria per quegli Ospedali e strutture sanitarie territoriali che necessitavano interventi edilizi urgenti di manutenzione straordinaria/ripristino funzionale/riqualificazione strutturale, oltre ai necessari lavori di adeguamento antisismico e per la sicurezza dei luoghi di cura in Campania. Lavori ormai datati, ma portati a termine per tempo e con evidenti risultati di rinnovata efficienza e funzionalità delle strutture sanitarie individuate.

Nessun trionfalismo è giustificato, dunque. Tanto per il colpevole ritardo cui si procede all’approvazione del Piano e quanto perché l’adozione di un Piano di Edilizia Sanitaria rientra nella Ordinaria Amministrazione di un Ente Programmatorio (la Regione) che avrebbe piuttosto dovuto, tempestivamente  ed efficacemente, porre in essere una robusta e puntuale  programmazione degli interventi edilizi necessari e urgenti. In tal modo monitorando le “situazioni di crisi” ed evitando, come al contrario è avvenuto,  di rimanere inerti ad assistere al progressivo depauperamento delle strutture sanitarie o, peggio ancora, al disfacimento di un patrimonio pubblico essenziale.

Cosa è accaduto nel frattempo? Perché si è atteso tanti anni per programmare un nuovo Piano di Edilizia Sanitaria che tenga conto delle attuali necessità di intervento  di riqualificazione o sostituzione  edilizia? Perché si è lasciato marcire il patrimonio immobiliare della Sanità campana che da Napoli alle altre Province versa in condizioni davvero scandalose e molto spesso pericolose per la sicurezza e la salute dei pazienti?

In prima battuta ci verrebbe da dire: per mera strafottenza ed incapacità degli addetti ai lavori. Elementi questi non trascurabili nella individuazione dei motivi di tale sfascio. Ma il principale responsabile di questa vergognosa situazione, a nostro avviso, è riconducibile alla gestione personalistica e clientelare posta in essere dalle Giunte di Centro Sinistra che hanno governato la Regione e  quindi la Sanità campana negli ultimi 10 anni. Il fatidico “decennio d’oro” di Bassolino e Montemarano ha visto i Bilanci della Sanità pubblica  “ingoiare” debiti spropositati e scelte politiche imbarazzanti:

  • nessun provvedimento di rilievo a favore della Sanità pubblica;
  • chiusura di Ospedali e conseguente taglio di posti letto;
  • forte sbilanciamento delle politiche di assistenza a favore della Sanità convenzionata;
  • interesse esclusivo finalizzato alla individuazione di reparti ospedalieri fantasma (esistenti solo sulla carta) per il conferimento di primariati o Responsabili di “moduli” di dubbia utilità;
  • costituzione di una “nomenclatura” asservita e consenziente nelle Asl come negli Ospedali della regione, con Dirigenti Medici e Amministrativi spesso inadeguati e carenti dei titoli professionali richiesti dalle normative vigenti.

Questo scenario di “trasparenza ed efficienza” ha gestito per troppo tempo il Servizio Sanitario Nazionale in Campania, lasciando sul campo una moltitudine di episodi di Malasanità e disastri finanziari inenarrabili. Quei disastri finanziari che hanno impedito per ben 15 anni di programmare adeguatamente il futuro della Sanità pubblica in questa parte cospicua del nostro Mezzogiorno. Buchi di bilancio spaventosi che hanno prodotto, tra l’altro, il blocco dei finanziamenti statali per eccesso di debito. In tal modo azzerando le risorse per  l’edilizia sanitaria destinate alla Campania, a partire  dai primi anni 2000 e vanificando anche l’opportunità di procedere a nuovi investimenti in attrezzature e nuove tecnologie diagnostiche per i nostri istituti di cura.

Una situazione paradossale che ha impedito, tra l’altro,  che si bandissero nuovi concorsi pubblici nel Servizio Sanitario campano, a scapito della qualità dell’assistenza ai cittadini e con la fuga in altre regioni o all’estero dei giovani studenti delle professioni sanitarie sfornati dalle nostre Università.

Un disastro annunciato che ha inciso anche e soprattutto sulle famiglie campane per l’odiosa imposizione dei Ticket sulle prestazioni diagnostiche, visite specialistiche e acquisto dei farmaci.

Potremmo continuare ancora a lungo nella elencazione delle nefandezze e degli arbìtri perpetrati a danno dei cittadini napoletani e campani. Ma quel che riteniamo sia di tutta evidenza, è la responsabilità innegabile di una parte politica che ha governato questa regione in spregio ad ogni regola di buon senso e di corretta gestione della cosa pubblica. Una parte politica a cui, volente o nolente, il Presidente De Luca appartiene a pieno titolo.