Finita l’avventura con Spalletti, Gravina resta aggrappato alla poltrona. Il calcio italiano è stanco: serve un cambio vero, non di facciata.
ROMA – Il sipario sembra essere calato sulla breve ma intensa esperienza tra Luciano Spalletti e la Nazionale Italiana. Una parentesi gestita male fin dall’inizio, tra scelte tecniche controverse, comunicazione opaca e un feeling mai nato tra il mister e il sistema federale.
Ma il vero problema, oggi, non è più Spalletti. È chi lo ha scelto, voluto, blindato… e poi abbandonato.
Parliamo di Gabriele Gravina, presidente FIGC da oltre 8 anni. Un uomo che ha concentrato su di sé ogni potere e responsabilità, senza però assumersene mai le conseguenze.
“Dopo otto anni di guida arrogante, anche per lui ci vuole un calcio nel sedere,” si legge tra i commenti satirici circolati in rete.
E CampoSud WebTV aggiunge: “Il fallimento sportivo è solo la punta dell’iceberg. Dietro c’è una gestione autoreferenziale e fuori dal tempo.”
Nel frattempo i tifosi chiedono risposte, non più conferenze stampa in tono neutro o post istituzionali.
Il calcio italiano ha bisogno di una rifondazione vera: nei dirigenti, nei metodi e nei modelli di riferimento.
E per farlo, serve iniziare da chi oggi occupa il vertice senza più credibilità.