Degrado e passaporto per la politica: il teatrino di una parte della giustizia italiana

E diciamola proprio tutta, senza infingimenti o cautele di sorta: l’imbarbarimento e lo scadimento del sistema giudiziario italiano ha raggiunto livelli non più tollerabili e oltremodo pericolosi: dal mancato incarico proposto dal Ministro della Giustizia al Giudice Nino Di Matteo, nel prestigioso e delicatissimo ruolo di Capo dell’Ufficio DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria); alla vergognosa vicenda del Giudice Palamara e del suo “Sistema” di favori e raccomandazioni per magistrati in odore di nuovi e importanti incarichi professionali o per “traffici di influenze” per amici (Togati o non togati) in difficoltà; dalle improvvise e cruente rivolte nelle carceri italiane dei primi giorni del mese di Aprile scorso, fomentate da detenuti “presumibilmente” terrorizzati dalla diffusione del contagio da Covid 19 tra le mura delle prigioni nostrane (rivolte che hanno causato morti e feriti tra i detenuti, numerosi feriti fra le Forze dell’Ordine e danni incalcolabili alle strutture penitenziarie di tutta Italia, oltre che evasioni a go-go’ di molte decine di detenuti favoriti dal caos procurato) ; alle scarcerazioni eccellenti e scellerate dei boss della mafia detenuti con il regime del cosiddetto 41 BIS, con la labile e traballante motivazione di evitare il contagio da Coronavirus per gli ospiti del “carcere duro”;  dall’incomprensibile e deprecabile risvolto della medaglia costituito dalla recente azione giudiziaria promossa dai Giudici della Procura di Santa Maria Capua Vetere contro ben 57 Agenti della Polizia Penitenziaria per presunti atti di violenza e tortura inflitti ai detenuti in rivolta nella locale Casa Circondariale nei giorni 5 e 6 Aprile scorsi. Cioè a dire, in piena emergenza sanitaria per l’epidemia di Coronavirus, a seguito di Denuncia-Esposto presentato dal Garante Regionale dei detenuti; all’ultimo (in ordine di tempo) deprecabile tentativo di intimidazione e delegittimazione del Giudice Maria Cristina Rota, che avrebbe avuto l’ardire di convocare il Presidente del Consiglio Conte per sentirlo sulla delicata questione dell’indagine promossa dalla Procura di Bergamo sui ritardi nella adozione della “zona rossa” nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro, in Provincia di Bergamo; sulla individuazione del soggetto istituzionale preposto a tale adempimento (Stato o Regione); sui motivi del ritardo e gli incomprensibili tentennamenti riscontrati intorno a queste circostanze; sulle possibili ricadute della omissione, in relazione alla diffusione così virulenta e repentina del contagio, con le eventuali responsabilità degli Organismi Istituzionali o di altri soggetti. Un attacco duro che una parte della politica ha inteso riservare e indirizzare al Giudice bergamasco, reo di aver compiuto un vero e proprio reato di lesa maestà nel convocare, come persona informata sui fatti, il Presidente Conte. Un tentativo volgare e controproducente per lo stesso Presidente del Consiglio, perché condotto in maniera scomposta e pretestuosa e alimentata da quei politici di nuova leva che avevano individuato proprio nelle indagini della Magistratura contro la corruzione partitocratica, il loro cavallo di Troia per entrare in Parlamento.
Per dirla senza peli sulla lingua : Un vero e proprio verminaio!
Trattato dalla stampa e dall’opinione pubblica con lenti di osservazione diametralmente opposti, ma che con tutta evidenza, non può che convenire sulla valutazione obiettiva e palese di degrado etico, umano e professionale degli “attori” del teatrino della giustizia del nostro Paese. E di buona parte della politica nostrana che questo teatrino alimenta e incoraggia per un miserevole tornaconto personale.

Rimaniamo in attesa degli sviluppi di cotanto marciume, non prima di aver espresso a nome della Redazione di Campo Sud, la più convinta solidarietà agli Agenti della Polizia Penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere e a tutto il Corpo di Polizia Penitenziaria. Uomini e donne in divisa che svolgono un lavoro di particolare importanza sociale. Un lavoro duro e pericoloso portato avanti tra mille difficoltà, con dignità e professionalità encomiabili. Lavoratori che non meritano certamente di essere offesi e mortificati, o più ancora, indeboliti e delegittimati agli occhi degli autentici e unici responsabili di pretestuose violenze e devastazioni intollerabili delle carceri di ogni parte d’Italia.