Ambiente, sviluppo e l’esercito dei “no” che paralizza il Paese

Quando si affrontano le tematiche ambientali si ragiona, quasi sempre, nell’ottica di problematiche difficili e per lo più irrisolte: dissesto idrogeologico, inquinamento, rifiuti, riscaldamento globale, plastica, bonifiche, “terre dei fuochi”, energia nucleare, depuratori, termovalorizzatori, rigassificatori, erosione costiera, incendi, alluvioni e tanto altro.

Argomenti che affronteremo con puntualità sulle pagine di Campo Sud e, di volta in volta, cercheremo di dare la nostra interpretazione aprendo, mi auguro, un dibattito propositivo e costruttivo, perché di “ambiente” da tempo, per non dire da sempre, hanno fatto parlare solo gli “ambientalisti di carriera” che, nell’assenza voluta di altri interlocutori, hanno occupato militarmente tutti gli spazi politici e non, soprattutto quelli mediatici.

Da oggi  Campo Sud offre la possibilità di confrontarci su questa materia anche con i cosiddetti “intellettuali” che ne hanno fatto il loro esclusivo campo di informazione e che, spesso, con i loro “NO” hanno condizionato le scelte politiche per anni, paralizzando ed imbalsamando il territorio, così come è avvenuto anche di recente: NO alla TAV, NO ai termovalorizzatori, NO alle centrali nucleari, NO alle infrastrutture, NO ai rigassificatori, NO al ponte sullo stretto e perfino no alle  OLIMPIADI.

Per paura o per incapacità non hanno voluto assumersi la responsabilità di decidere positivamente per la realizzazione di opere, di qualsiasi opera, utili per migliorare la fruibilità del territorio, la vita ed il benessere delle Comunità, che possono e devono essere realizzate nel pieno rispetto della natura e dell’ambiente ed inserirsi armonicamente nel paesaggio.

Argomenti difficili e complessi, ma non per questo inaffrontabili ed irrisolvibili. Noi, per la lealtà e sincerità che ci viene riconosciuta, non vogliamo fare alcuna polemica con chicchessia ma vogliamo aprire un dialogo per realizzare una “alleanza per l’ambiente” scevra da steccati ideologici e preconcetti, tale da costruire un sentire comune a prescindere dalle appartenenze politiche.

Sarà difficile, forse impossibile, ma per quanto ci riguarda proveremo a farlo e per questo le pagine di CAMPO SUD sono aperte al dibattito al quale, mi auguro, possano partecipare tutti coloro che sono animati da uno spirito positivo perché la tutela dell’ambiente e della biodiversità, coniugata con lo sviluppo produttivo e sostenibile dei territori, dovrebbe essere un valore comune e non divisivo.

Per questo desidero aprire questo primo appuntamento su Campo Sud parlando di un aspetto più che positivo delle politiche per la tutela e la valorizzazione della natura e dell’ambiente, attuate in questi ultimi anni grazie al lavoro oscuro, ma qualificante ed indispensabile, dei dirigenti e dei funzionari della Direzione Generale per la Protezione della Natura e del Mare del Ministero dell’Ambiente e dei tanti Enti gestori, che ha portato benefici ai territori ed alle Comunità interessate.

Mi riferisco al “sistema” delle aree protette che rappresenta un vanto per il nostro Paese.

Ho avuto la possibilità, grazie alla fiducia concessami allora dai Ministri Altero Matteoli (AN-MSI) e Stefania Prestigiacomo (FI), con l’ intesa del Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino (DS), di ricoprire gli incarichi di presidente del Parco Nazionale del Vesuvio, il parco, forse, più antropizzato del mondo e  del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni che, con le sue due Aree Marine Protette, quella di Santa Maria di Castellabate e Costa degli Infreschi e della Masseta che è la più grande d’ Italia.

Nel 2001 sembrò un affronto al solito mondo ambientalista che aveva egemonizzato e colonizzato tutti i ruoli, i luoghi, gli Enti, le Università che un militante della destra politica e sociale fosse nominato al vertice di un Ente Parco. Dopo essere entrato in punta di piedi, insieme ad altri, in un mondo in cui i “soliti noti” si sentivano esclusivi competenti e “padroni” abbiamo avuto la possibilità di praticare i nostri valori e le nostre idee, di farci conoscere ed apprezzare e dimostrare con i fatti che “quelli di destra” anche in materia ambientale non erano secondi a nessuno. Dopo questa premessa passiamo, come dicevo, a parlare del lato bello, positivo ed interessante del sistema delle aree protette in Italia: 24 Parchi Nazionali che comprendono più di 527 per lo più piccoli comuni; 27 Aree Marine Protette; 1 Santuario Internazionale per i mammiferi marini; 2 Parchi Sommersi, oltre 142 parchi regionali, più di 520 riserve statali e regionali, che tutelano una superficie di oltre tre milioni di ettari a terra, più del 12% del territorio nazionale e più di 228mila ettari a mare e circa 700 Km di costa.

Alla rete delle aree protette, istituite dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province si è aggiunta la rete “NATURA 2000” che raccoglie più di 2289 Siti di Importanza Comunitaria(SIC) e 609 Zone di Protezione Speciali(ZPS) istituite ai sensi della Direttiva Habitat che copre una superficie significativa del territorio nazionale.

L’isolotto di Licosa nell’area marina protetta di Santa Maria di Castellabate

Un vero e proprio mosaico formatosi nel tempo a partire dal 1922 con la istituzione del primo Parco Nazionale, il Gran Paradiso, proseguito con la istituzione dei Parchi Nazionali dello Stelvio, dell’ Abruzzo e del Circeo, sempre durante il ventennio, implementato notevolmente negli anni ’70 ed ancora più decisamente a seguito della approvazione della Legge 394/91, la legge quadro sulle aree protette con la quale il legislatore, dopo un lungo dibattito durato anni, al fine di garantire e promuovere la conservazione e la  valorizzazione del patrimonio naturale, culturale ed artistico del nostro Paese, così come avvenne con l’ istituzione dei primi quattro storici parchi nazionali, ha voluto sottoporre ad un regime speciale di tutela e di gestione il patrimonio naturale, le formazioni geologiche, geomorfologiche e biologiche che hanno un rilevante valore naturalistico ed ambientale.  Pertanto, i territori nei quali sono presenti tali valori, soprattutto se vulnerabili, sono stati sottoposti ad una tutela eccezionale dove l’integrazione tra l’uomo e l’ambiente, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici e tradizionali deve essere perseguita, in uno con la promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica nonché di quelle ricreative anche con l’incentivazione di nuove   iniziative produttive sostenibili per lo sviluppo economico e sociale delle Comunità residenti all’ interno delle aree protette e nei territori adiacenti allo scopo di rendere ambientalmente sostenibili, nel tempo, le attività umane.

Grazie a questo sistema, perché di un vero e proprio sistema si tratta, l’Italia detiene il record della biodiversità in Europa. Tutelare l’insieme di tutte le specie viventi geneticamente diverse e degli ecosistemi ad esse correlate significa garantire la continuità della vita, compresa la nostra, sull’intero pianeta.

Da tempo, finalmente, si è affermato un principio non più rinunciabile: i Parchi, le Aree Protette non sono più musei imbalsamati ed impenetrabili ma la tutela dell’ambiente deve rappresentare anche un valore aggiunto per lo sviluppo compatibile dei territori. Quindi non solo tutelare l’ambiente ma soprattutto promuovere e valorizzare le nostre tante diversità culturali fatte di tradizioni, usi e costumi, storia e saperi, appartenenze, tipicità agricole ed enograstronomiche di eccelsa ed inimitabile qualità.

Queste brevi considerazioni che spero che i lettori di Campo Sud possano condividere, hanno nel tempo consolidato il convincimento che, insieme all’indimenticato Antonio Parlato, abbiamo sempre sostenuto: lo sviluppo sociale, culturale e, di conseguenza, economico di un territorio, nel rispetto dell’ambiente e della natura non può prescindere dalla valorizzazione delle proprie identità, specificità e tradizioni. Per questo è diventato necessario attuare tutte quelle politiche tese a contrastare la omologazione e la massificazione dei Popoli che ne distruggono i valori e le identità. Vivere in un mondo globalizzato dalla finanza e dai mercati, che ci renderà schiavi ed uguali, non ci piace e non ci piacerà mai. L’ orgoglio e la consapevolezza delle identità non devono essere più chiusi in se stessi ma aprirsi senza timore per accettare il confronto e la competizione internazionale. Il nostro Paese ed il SUD in particolare costituisce, da sempre, un intreccio inestricabile di storia, natura e cultura che, con le sue opere d’arte, le sue architetture, i suoi imparagonabili paesaggi, il suo patrimonio religioso, in sintesi, con la sua ” bellezza”, costituisce il valore non calcolabile intorno al quale ricordare il passato per vivere il presente e costruire il futuro.