Sequestro dei pescherecci Siciliani : con oggi salgono a 38 i giorni di prigionia per i 18 nostri connazionali in Libia.

E’ un mese e poco più che i nostri 18 pescatori di Mazara del Vallo risultano sequestrati in Libia con i loro due pescherecci battenti Bandiera Italiana dalle milizie irregolari del Generale Khalifa Haftar.

Poco o niente é emerso su gran parte della stampa italiana di questa ignobile ed incredibile vicenda. Un silenzio assordante e ingiustificabile, rotto soltanto dalle iniziative spontanee di protesta dei familiari dei marittimi italiani che sono approdate sino a Palazzo Chigi con incatenamento di mogli, figli e madri in attesa di notizie positive e rassicuranti dall’inquilino del Palazzo e dal Ministro degli Esteri Di Maio, che sembrerebbe. sino a questo momento inutilmente, delegato alla risoluzione di questo ennesimo dramma.

Intanto la vicenda si fa sempre più torbida con la comparsa e la diffusione di fotografie diffuse dai miliziani libici che ritraggono il molo con le navi sequestrate e decine di pacchetti colorati che conterrebbero sostanze stupefacenti ritrovate ( a loro dire) a bordo delle nostre imbarcazioni. Fotogrammi assolutamente falsi, o quanto meno non riconducibili alle imbarcazioni italiane e tanto meno agli equipaggi dei pescherecci. Naturalmente si tratta di una volgare montatura e di una troppo evidente messinscena per aumentare la posta ed ottenere dal Governo Italiano la liberazione di quattro “scafisti” libici responsabili, secondo la Giustizia Italiana, della cosiddetta “Strage di Agosto” (17 Agosto 2015) in cui morirono 49 migranti  costretti con la forza a rimanere stipati nella stiva di una imbarcazione poi colata a picco con il suo carico di vite umane. I quattro scafisti, dichiaratisi calciatori fuggiti dalla Libia per poter giocare a calcio nei paesi europei e dunque a bordo di quella nave affondata  in qualità di semplici passeggeri, furono, al contrario, riconosciuti colpevoli di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di omicidio volontario plurimo e condannati a 30 anni di carcere dal Tribunale di Catania. Circostanza che la dice lunga sulle “qualità morali” sia di questi criminali e sia di coloro che ne richiedono così impunemente e ufficialmente  la liberazione (i miliziani di Haftar). Purtroppo per i nostri connazionali sequestrati c’é da dire che é proprio il “governo” non riconosciuto di Haftar che ha formalizzato l’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti a carico dei 18 nostri marittimi tutt’ora detenuti. E questo é certamente un ulteriore motivo di preoccupazione rispetto ad una risoluzione quanto meno in tempi brevi di questa vicenda.

A questo va aggiunto il motivo politico che sembrerebbe aver mosso l’iniziativa di Haftar nei confronti degli ignari pescatori di Mazara del Vallo. Il loro sequestro, per altro verificatosi in acque internazionali,  é avvenuto il primo di Settembre. E cioé il giorno stesso  del viaggio-missione del Ministro degli Esteri Italiano, Luigi Di Maio in Libia. Cosa ci é andato a fare a Tripoli il nostro Capo della Diplomazia in pieno periodo estivo?  Sembrerebbe “semplicemente” per ufficializzare l’accordo tra il Presidente del Consiglio Libico riconosciuto dall’ONU e da gran parte dei Paesi Europei, Fayed Al Sarraj e il Presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh. Iniziativa politica evidentemente non gradita al Generale Haftar perché ritenuta una ingerenza italiana in affari interni della Libia (tra l’altro in guerra proprio tra queste fazioni) e di qui la ritorsione contro il nostro Paese attraverso il sequestro palesemente strumentale delle navi da pesca italiane con relativo equipaggio.

A questo punto ci domandiamo? Cosa sta facendo il Governo Italiano, concretamente, per risolvere questa crisi che diventa più complicata e inquietante ogni giorno che passa?

A nostro parere poco o nulla! A parte le iniziative locali del Sindaco di Mazara, del Consiglio Comunale, delle Organizzazioni Sindacali di categoria, delle Associazioni del territorio e dei cittadini mazaresi che si sono mobilitati e che organizzano manifestazioni di solidarietà con i loro concittadini sequestrati e di sensibilizzazione verso il Governo centrale,  praticamente senza interruzione. Così pure lodevole é l’impegno e l’attivismo del Governatore Siciliano Musumeci, che pure risulta in costante e affannoso contatto con la Presidenza del Consiglio e con il Ministero degli Esteri per monitorare ogni sviluppo della crisi e tenere alta l’attenzione sulla vicenda.

Occorre a nostro avviso una mobilitazione dei media, sin ora troppo timidi ed evanescenti, per fare arrivare un messaggio forte e deciso oltre il Canale di Sicilia e far si che si comprenda che l’Italia non ci sta! Che il nostro Paese non vuole ne può accettare ricatti così meschini e improponibili. E che semmai é proprio l’Italia che dovrebbe minacciare di interrompere i flussi di aiuti umanitari verso la Libia. Così come ogni forma di collaborazione e di iniziativa politica volta alla pacificazione del Paese. Occorre far capire ai Libici ( ad ambo le parti in conflitto) che l’Italia é un Paese Sovrano e che é dotato di un sistema giudiziario che mai autorizzerebbe la scarcerazione di assassini riconosciuti per accontentare un gruppo di disperati armati.

Occorre sensibilizzare la Commissione Europea e il Parlamento Europeo affinchè facciano pervenire appelli alla ragionevolezza  attraverso adeguate pressioni diplomatiche direttamente su Haftar e i suoi collaboratori. Occorre far capire che non conviene tirare troppo la corda tenendo ingiustamente detenuti dei cittadini Italiani ed Europei. Degli onesti lavoratori e padri di famiglia.

Questo andrebbe fatto e senza esitazioni. Con un paese dilaniato dalla guerra civile, con decine di tribù locali feroci e invasate che si fronteggiano, troppo spesso con l’aggravante religioso che costituisce un pericolo nel pericolo, fare troppo i buonisti e sperare esclusivamente sul lavoro pur prezioso ed insostituibile dei soli servizi segreti per ottenere il rilascio dei nostri “ostaggi”, può non bastare. Ricordandoci tutti che questa vicenda é nata con un atto di pirateria in mare aperto ( e in acque internazionali) e questo elemento la dice lunga sugli interlocutori che l’Italia si trova di fronte!